2019 – 2020







Nel mio vivere attuale conosco, in maniera più o meno diretta, relazioni precarie fatte di primi incontri, dimenticanza e facile sostituzione; l’attesa dell’altro è spesso percepita come un’ombra minacciosa da cui sfuggire, assaliti dalla paradossale paura che accada qualcosa di bello, in grado di riempire piuttosto che svuotare o bloccare.
Tutto ciò, in me, crea una disillusione, una forma di distacco inconscio, una paura dell’altro che porta a proteggere la mia parte più profonda, lasciando il resto in superficie, malgrado il desiderio di lasciarmi andare davvero.
L’atteso è un progetto nato dal ritrovamento di una scatola contenente circa duecento lettere che testimoniano una corrispondenza durata quattro anni, dal 1960 al 1964, tra mio nonno e mia nonna, durante il periodo del loro fidanzamento.
A partire dalle lettere, testimoni di una relazione forte a me sconosciuta, ho deciso di indagare attingendo in modo scrupoloso agli album di famiglia; cerco di mettere insieme pezzi di qualcosa che da anni io non riesco a vivere e sentire e che è stato capace di coinvolgermi al punto tale da farmi abitare una dimensione altra, pura e semplice, fatta di sentimento, fiducia e presenza.
Le immagini che ho raccolto e rielaborato si basano su una distanza che apparentemente divide, ma che in realtà unisce ancora di più i miei nonni nel desiderio di costruire un futuro, di vivere instancabilmente il loro amore attraverso gioie, incertezze e paure, stimoli forti attraverso cui affermarlo.
Il mio sguardo si fa lente di ingrandimento attraverso cui mi concentro su dettagli che esprimono legame, vicinanza, protezione: elementi che non riesco a visualizzare nelle mie scene di vita attuale. Colori e bianco e nero si fondono per dar vita a una dimensione in cui il tempo appare vivo e sospeso.